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Scacchi al Canopoleno: alla ricerca del “matto”
Continuano con grande successo le lezioni presso il Convitto nazionale del Canopoleno di Sassari, dove anche quest’anno sono stati attivati due laboratori per un totale di circa 40 partecipanti! Le lezioni si svolgono in “Aula scacchi”: uno spazio apposito riservato esclusivamente agli scacchi, con ideali tavoli quadrati e comodissime sedie con schienale anatomico. E che il Canopoleno creda molto nella validità di questi laboratori lo dimostra il fatto che anche i maestri e gli educatori siano molto favorevoli a “quest’angolo dedicato” all’attività scacchistica.
Prima di iniziare i laboratori avevo avuto tre incontri “promozionali” con la seconda classe della maestra Rita Sabatino: i bambini avevano seguito lo scorso anno un laboratorio tenuto dall’istruttore Giacomo Deiana e mi accorsi subito che mostravano un potenziale enorme! Quest’anno ho voluto occuparmi personalmente di questi bambini, perché almeno una decina di loro possono vantare qualità scacchistiche assolutamente sopra la media.
Il motivo però di questo post è un giochino che da qualche mese sto proponendo in alcune scuole (Osilo, Sorso), che è quello di inventarsi i nomi dei matti, con la promessa che poi diventeranno delle carte scacchistiche. Questa semplice “suggestione” è sufficiente a fargli mettere un grande impegno nella ricerca dei nomi, ma anche di chiedermi (quando trovano un matto) se esiste già un matto simile… Allora gli do’ un’occhiata e se non ricalca qualche meccanismo che abbiamo già “battezzato”, allora gli consento di inventarsi un nome.
Mercoledì una bambina di sette anni mi ha chiamato per mostrarmi il suo matto: quando ho visto la posizione sono rimasto abbastanza sorpreso e le ho detto che potevamo chiamare quel matto col suo nome, Giulia! La sua felicità è salita alle stelle, per tutto il resto della lezione non stava più nella pelle e ha confessato di essere “Troppo emozionata!” all’idea che il suo matto sarebbe diventato una nuova carta. Credo che sia lo stesso genere di sensazione che provano i professionisti quando gli è data la possibilità di trovare sulla scacchiera una Novità assoluta…
Scacchi a Sorso: la “cattura” del Re.
Ieri ero a Sorso per la terza lezione presso la scuola primaria, dove quest’anno ho ritrovato una terza (che ho seguito per qualche mese quando erano ancora in seconda) e una nuova seconda elementare, della maestra Daniela Demurtas.
Proprio in questa classe dopo una prima panoramica del movimento dei pezzi sulla scacchiera ideografica (1^ lezione), il completamento delle regole di movimento (2^ lezione) ieri abbiamo fatto un ripasso passando in rassegna tutti gli errori riscontrati durante le loro prime partite della lezione scorsa: movimenti di pedone nel senso della cattura (abbiamo rimarcato che il pedone cattura spostandosi in diagonale e quindi su una casa dello stesso colore, cosa che ritornerà utile quando più tardi spiegherò la presa “en-passant”); le catture effetto “bulldozer” del Cavallo (si enfatizza il concetto che il Cavallo è l’unico che può saltare: supera le case attorno a sé e poi va a ricadere su una casa di colore diverso da quella da dove era partito, catturando solo dove arriva); delle diagonali “strabiche” degli Alfieri, che partono da una casa chiara e arrivano in una scura, o viceversa (qui ho adottato il suggerimento di Alessandro Pompa: la distinzione tra “le strade del latte” e le “strade del cioccolato”!).
L’importanza di questa particolare attenzione ai colori delle case è un lavoro propedeutico ad un’esibizione finale da svolgersi a giugno su una scacchiera gigante, dove questi bambini faranno una partita vivente, con delle novità di assoluto rilievo che non voglio ancora svelare!
Per il loro puro divertimento però dopo ogni spiegazione i bambini devono poter giocare tra loro, e in queste ultime due lezioni ho dato loro la facoltà di catturare il Re anche al primo errore (cioé non si annuncia la mossa irregolare, ma si chiude subito la partita!). Già dalla prossima lezione questa informazione sarà corretta con la nozione delle mosse irregolari, dello scacco matto e dello stallo.
Intanto è veramente divertente vedere i bambini che agitano il Re del partner come un trofeo di caccia, oppure vedere il Re detronizzato in fila con gli altri pezzi catturati…
La frutta preferita!
Il gioco dei frutti.
Oggi terzo appuntamento del progetto di psicomotricità alla scuola dell’infanzia di Ossi, coi bambini delle maestre Giuseppina Capitta, Margherita Nieddu e Antonella Sanna. Dopo le prime due lezioni svolte in classe oggi era in programma la prima “uscita” dalla classe per iniziare i giochi di movimento propedeutici all’esperienza nella scacchiera gigante.
Prima di cominciare però ho proposto ancora un gioco (oggi c’erano due bambine che non erano presenti le volte scorse) sempre per consolidare i nomi dei bambini. La volta scorsa avevo proposto il gioco dei mestieri, questa volta invece ho voluto sperimentare una variante: chiedere ad ogni bambino – uno per volta – quale fosse la frutta che preferisse. Ogni tre bambini ne intervistavo uno per vedere la loro capacità di attenzione, di coinvolgimento e di memoria.
Ben presto ci siamo resi conto che i bambini erano bravissimi: alcuni di loro sono stati in grado di ricordare oltre una decina di relazioni in ordine sparso!
I quattro cantoni.
Come primi giochi di psicomotricità ho voluto proporre come di consueto alcuni vecchi giochi di strada: i quattro cantoni e il paradiso. I giochi servono per iniziare a delimitare lo spazio del gioco, cioé un quadrato che in questo caso era costituito dal pavimento delimitato da quattro cerchi colorati. Nel primo caso al mio battito di mani i bambini nei cerchi agli angoli (i cantoni) dovevano scambiarsi di posto, mentre un altro bambino posto al centro cercava di batterli sul tempo. Chi restava fuori dai cerchi veniva sostutuito da un altro bambino. Dopo un primo giro abbiamo fatto una variante, io avrei dato un falso segnale facendo finta di battere le mani: chi cascava nel falso segnale e metteva un piede fuori dal cerchio veniva sostituito da un altro bambino.
Quindi abbiamo chiesto a tutti i bambini di ritornare alle loro panchine, ho disposto un totale di 9 cerchi in tre file con la seguente consegna: dentro ogni cerchio si poteva restare con due piedi, poi ci si doveva spostare verso gli altri cerchi saltando su un piede solo, scegliendo il percorso che volevano. Anche in questo caso i bambini sono stati molto bravi e collaborativi, nonostante l’attesa del proprio turno.
La staffetta.
Come ultimo gioco ho proposto la staffetta: ancora una volta ho chiamato un bambino invitandolo ad occupare un angolo del quadrato immaginario, abbozzato solo da due linee rosse; poi un altro bambino veniva invitato su un altro angolo, con il compito – al mio segnale – di scattare di corsa e toccare la spalla dell’altro compagno, il quale a suo volta correva verso il successivo angolo; quindi veniva chiamato un terzo bambino e poi un quarto. A questo punto il primo bambino usciva di scena andando a toccare la spalla di un altro bambino rimasto seduto a guardare, che così riceveva il suo turno di gioco.
Su questo gioco i bambini hanno mostrato una certa stanchezza così li abbiamo riportati in classe, dove negli ultimi dieci minuti abbiamo avuto ancora la conferma della partecipazione alla lezione dei bambini chiedendo a diversi di loro di ripetere ancora una volta i frutti preferiti dei propri compagni: con grande sorpresa mia e della maestra, dato che non ci sono stati praticamente errori neppure dopo un’ora da quando avevano fatto il gioco.