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L’importanza dell’ascolto.

Sesto circolo didattico: scuola dell’infanzia.

Venerdì scorso ho iniziato un nuovo progetto di psicomotricità in età pre-scolare presso la scuola dell’infanzia di via Manzoni a Sassari. Il laboratorio, proposto ai genitori dei bambini di 5 anni dalla maestra Maria Carmela Ticca, coinvolge 21 partecipanti (3 erano assenti), coi quali cercherò di ripercorrere il buon lavoro già iniziato ad Ossi. Così per il primo appuntamento ho proposto il gioco dei nomi, per impararli al più presto, che serve come buon viatico per lavorare con la loro attenzione, ma anche per iniziare a scoprire alcune dinamiche psicologiche: i bambini timidi che hanno difficoltà a “mettersi in gioco”, quelli che vorrebbero partecipare anche durante il turno dei compagni, quelli che suggeriscono, gli “spiritosi”, i distratti ecc. Ho imparato che con i bambini in generale, ma con quelli sotto gli 8 anni in particolare, è molto importante la disposizione dell’istruttore all’ascolto, per scoprire il loro “discorso” interiore. Anche se a volte questo discorso non sia affatto pertinente con la lezione. Spesso i bambini alzano la mano in maniera composta ed esortati a parlare dicono: “Mio nonno ha una scacchiera a casa sua”; “Lo sai che ieri mi è caduto il dente?”; “Stamattina ho visto un cane grande grande!” eccetera… Allora ho imparato che già dalla seconda lezione, prima ancora di dargli la parola, basta premettere: “Fate attenzione, Michele ora ci dirà una delle tre cose che può dire oggi…” E questo, come per incanto responsabilizza i bambini ad essere più puntuali negli interventi. Questo metodo non contraddice l’argomento principale del post (la capacità di ascolto dell’istruttore) perché se pure ogni bambino potesse esprimere 3 pensieri, moltiplicati per venti sono una sessantina di spunti di riflessione (che fatta la tara possono essere una decina di idee didattiche!)

Batti un cinque!

Dopo il gioco dei nomi “a vista” (cioé coi bambini che seguono con lo sguardo i propri compagni, che nominati alzano la mano) ho riproposto il gioco dei nomi “alla cieca”: ho chiamato un volontario e gli ho chiesto di ripetere tutti i nomi con le spalle rivolte alla classe. Al primo errore ho fatto i complimenti al bambino gli ho chiesto di “battere un cinque” e poi gli ho consegnato un “soldino” ricavato da un ottavo di foglio A4. Questo contatto aptico oltre a costituire un altro indizio della personalità degli allievi è anche un ulteriore conquista del coinvolgimento emotivo e della fiducia dei bambini verso l’istruttore, che diventa sempre più familiare. Inoltre la ricompensa del “soldino” è un ulteriore rinforzo per il compito eseguito ed è una gratificazione che motiva molto allo svolgimento del gioco. Così dopo il primo volontario tutti sono pronti a ripetere il gioco, diventando sempre più bravi. Inoltre alle prime difficoltà nel ricordare l’ordine esatto dei posti occupati dai compagni (alla cieca!) ho inserito un nuovo indizio: il bambino che doveva essere indovinato poteva dire una parola, in modo che il compagno di spalle potesse indovinare dalla voce di chi si trattasse.
In questo caso un altro elemento della comunicazione non verbale viene coinvolto: il tono, la cadenza, il timbro della voce stimolano i bambini a stare più attenti per riconoscere le peculiarità per riconoscere i propri compagni anche senza vederli. Dopo i primi 5 o 6 tentativi tutti gli altri sono riusciti a conludere il giro praticamente senza errori. Qualche bambino ha fatto il gioco in maniera eccellente, senza richiedere alcun aiuto (le parole pronunciate), e solo 3 bambini si sono riufiutati di fare il gioco per timidezza (ho ritenuto, come faccio sempre in questi casi, di non forzarli), ma naturalmente a loro non ho potuto consegnare il “soldino”.

Il sistema dei “soldini”.

Ho quindi preso dalla mia borsa una carta di scacchi e l’ho mostrata alla classe dicendo che a fine mese avrei scambiato coi loro “soldini” una delle mie carte di scacchi, e quindi più “soldini” possedevano e più carte avrebbero ricevuto. Quindi, daccordo con le maestre Imma e Manuela, ho assegnato loro un compito per la settimana, prima del secondo incontro: colorare le carte coi colori corrispondenti dei regoli (sempre per sperimentare la bellissima intuizione di Carmelita Di Mauro, l’amica insegnante di matematica di Gela che ha ideato il metodo della “scacchiera regolata”, e da cui ho preso spunto anche per l’idea dei soldini!).

I percorsi del Re.

Dopo il gioco dei nomi (che ha richiesto una buona mezz’ora) abbiamo fatto un gioco sulla scacchiera ideografica. Prima ho chiesto ai bambini di descrivere cosa vedevano, sino ad avere una prima descrizione approssimativa (“Un quadratto con tanti quadratini di diverso colore”). A questo punto ho preso un Re ed un Cavallo, quindi tante “orme di piede” con le quali i bambini dovevano tracciare un percorso che andava dal Re al Cavallo. Ad ogni nuovo bambino veniva introdotta una difficoltà: un fuoco che impediva di ripercorrere l’ultimo percorso individuato. Tutti i bambini hanno partecipato a questo gioco (e ricevuto almeno un soldino) e le soluzioni più brillanti hanno ottenuto “addirittura” due soldini!

La ricerca delle regole!

Prima di salutarci ho chiesto loro cosa avevano imparato. “A fare attenzione al fuoco”; “Che si fa un passo alla volta”; “Che si possono fare strade diverse…”. Allora ho chiesto ai bambini di inventarci delle regole per fare bene i giochi dalla prossima volta, ed io – solennemente – le scrivevo sulla mia agenda, da cui trascrivo:

Valery: rispettare l’ordine (riferendosi al gioco dei nomi)
Alessia: non si bisticcia (ribadito con altre parole da molti altri)
Chiara: non si prende in giro
Andra: non si piange
Asia: non si disturba
Alessandro: non si discute (obbedire alle maestre)
Alice: bisogna rispettare i compagni
Elisa: si fa silenzio!

Problem solving.

Ieri e oggi ho fatto numerose lezioni nelle scuole con l’introduzione dell’orologio per le partite che i bambini giocavano tra di loro. Quasi sempre la lezione ha una parte teorica di non più di venti minuti, quasi sempre è una partita della classe contro di me sulla scacchiera ideografica, e quasi sempre le mosse sono accompagnate dai miei proverbi ironici e didascalici (che compendiano i principi generali degli scacchi). Spesso c’è un momento cruciale in cui la partita prende una determinata piega (a mio vantaggio) ma in genere cerco sempre di far risolvere a loro stessi la posizione cercando la mossa migliore o il matto.

Latte dolce: la comodità delle regole!

Nella scuola di via Cilea sto seguendo due prime elementari, due quarte ed una quinta. Le lezioni stanno andando molto bene, grazie al fatto che dopo la  disordinata volonta di partecipazione (soprattutto dei bambini più piccoli) si sta creando un clima di grande collaborazione e  si riesce a svolgere delle interessantissime unità didattiche. Coi bambini di prima siamo già alla terza lezione e già dalla seconda giocano con tutti i pezzi, anche se ancora commettono molte irregolarità. La  maestra Giovanna Manca propone di farli giocare solo coi pedoni, ma io voglio invece che dalla “confusione” dovuta alla poca conoscenza delle regole i bambini passino alla padronanza delle regole e ad un contegno ordinato e accettabile: insomma una vera e propria “terapia d’urto”.

Sorso: calcoli spaziali!

Coi bambini della seconda elementare della scuola primaria di Sorso stiamo mettendo a punto un piano per l’esibizione di fine anno: abbiamo scelto di rappresentare su una scacchiera vivente molti dei miei proverbi in maniera un po’ teatrale… Intanto i bambini stanno migliorando notevolmente nella visione del gioco e grazie anche ai calcoli del materiale catturato e ai giochi finali di logica nel cosiddetto problem solving e nello sviluppo del pensiero “laterale”.

Calcoli aritmetici.

 

Canopoleno: preparazione per il regionale studentesco.

Il matto di Giuseppe!

Presso la scuola del Canopoleno stanno prendendo forma la preparazione sia per le Convittiadi che si terranno ad Arbatax a fine anno scolastico, sia la fase provinciale dei Campionati Giovanili Studenteschi che si svolgeranno il 22 aprile ad Arborea. Ieri, con Giacomo Deiana, abbiamo seguito il gruppo delle prime e delle quarte (siamo restati entrambi stupiti dei progressi fatti da molti bambini di prima elementare); oggi, insieme con Luca Princivalle, abbiamo fatto lezione al gruppo più omogeneo della seconda e della quinta: in entrambi i casi l’introduzione degli orologi sembra aver giovato alla loro concentrazione. In genere l’orologio mette molta foga ai bambini che giocano velocemente senza badare troppo al gioco sulla scacchiera.

Via Washington: non sempre l’unione fa la forza!

Lunedì pomeriggio ero in via Washington per la lezione alle quarte A e B unite. Avevo preparato per loro una lezione in cui dovevano scegliere tra i Bianchi, che avevano un Re e due pedoni uniti, ed i Neri, che avevano il Re e due pedoni separati di una casella. Ho chiesto, per alzata di mano, quale “partito” preferivano ed è stato un plebiscito per i Bianchi. Così a loro ho dato i Bianchi ed io mi sono “accontentato” dei Neri col risultato di vincere tre volte di seguito (giusto il tempo per far fare una mossa ad ognuno di loro, che sono una trentina!). Rispetto alle prime due volte, dove sono stato sorpreso dalla loro condotta tranquilla, questa volta ci sono stati momenti caotici verso la fine dell’ora.

Ottavo circolo: il salto del Cavallo.

Il giovedì mattina è dedicato alla scuola di via Genova (e dalla prossima settimana anche alla quarta A di via Civitavecchia), dove seguo le due quarte e la terza delle maestre Domenica e Doris. Con le quarte ho fatto 15 minuti di lezione “snocciolando” proverbi scacchistici (molti dei quali inediti che presenterò presto sul blog!) per poi farli giocare tra loro. Poiché la loro condotta è stata esemplare è stato possibile sottolineare anche i momenti cruciali delle loro partite coi miei proverbi didascalici, con grande divertimento dei bambini.

Un bel disegno a tema scacchistico di Beatrice della 3^ B

Con la terza invece, che la volta scorsa ho costrettto ad una lezione interattiva ma senza le scacchiere, ho fatto solo 5 minuti di lezione teorica partendo dalle loro domande (presto parlerò dell’ascolto dell’istruttore…). Una domanda è stata sulla cattura del Cavallo: “E’ possibile che catturi un pezzo che attraversa la sua “Elle”? “. Così abbiamo parlato del salto del Cavallo e al termine hanno potuto giocare, meritandosi il mio plauso (niente affatto scontato, trattandosi di una delle classi più rumorose che ho in agenda!)