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Psicomotricità
Martedì nuova lezione di psicomotricità su scacchiera gigante con le prime elementari di via Washington, dell’Ottavo circolo didattico “Galileo Galilei”, per il progetto patrocinato dalla Circoscrizione n° 1 e collegato alla sperimentazione nazionale dell’INVALSI proposta dal Comitato regionale Piemonte.
Questa volta, oltre ai consueti giochi a squadre di memoria e attenzione (riconoscimento delle posizioni relative di una decina di forme diverse collocate a caso sulla scacchiera), abbiamo fatto dei giochi propedeutici all’apprendimento del movimento in diagonale dell’Alfiere.
Si trattava di procedere con una sola gamba in diagonale, con la variante di farlo in competizione con un compagno. I bambini sono molto partecipi a questo tipo di gioco, mentre è più difficile farli “appassionare” ai momenti di concentrazione sui giochi di memoria.
La cosa più divertente è stato vedere come si sono organizzati in squadre, con due capitani scelti da me e le maestre che dovevano comporre a turno le proprie squadre. Penso che anche solo questo sia stato per loro una novità importante!
La lite.
Attirato da una lite infinita
un arbitro va a riportar giustizia:
s’affrontano due amichetti d’una vita
sulle cui teste son fumetti di “sporcizia”…
L’uno dice all’altro d’aver preso tra le dita
un pezzo e mosso un altro; ma con furbizia
l’altro – angioletto – ne dà smentita;
perciò l’arbitro aspetta e la gara riinizia.
Ma come accade spesso nella vita
l’inganno ogni cosa sporca e vizia:
il furbo perse intanto la partita
e a lungo persino l’amicizia.
Finché imparò che il pezzo toccato
dev’essere lealmente giocato!
Scacchi materia obbligatoria.
Lo spunto per questo post mi è dato dal recente articolo di Giovanni Ornaghi per il Blog “Il mondo degli scacchi”, inesauribile fonte di notizie curiose e approfondimenti sul mondo degli scacchi. In quest’articolo si parla degli scacchi come materia scolastica resa obbligatoria in Armenia, e sempre nello stesso sito si troveranno altri articoli simili sulle esperienze della Turchia, dell’Algeria, del Sud Africa eccetera.
Il fatto che in molti Stati (cito solo U.S.A., Germania, Russia, Cina, Canada, Venezuela, Messico, Francia ma la lista potrebbe non terminare mai…) si sia riconosciuto il valore formativo degli scacchi è naturalmente un’ottima notizia per noi scacchisti, e soprattutto per gli istruttori che vorrebbero vedere – prima o poi – la loro passione riconosciuta come professione!
Ma la riflessione di oggi è piuttosto amara, perchè bisogna riconoscere che probabilmente l’Italia non è ancora pronta per poter avere seppure una sperimentazione degli scacchi come materia complementare alternativa, perchè non è ancora strutturata per poter raggiungere nel modo ottimale tutte le scuole del territorio.
Purtroppo la mancanza di fondi strutturale che investe la Scuola italiana non può certo prevedere una scelta così innovativa come una “palestra della mente” quali gli scacchi sono; ma se ciò non fosse si sarebbe evidenziato l’altro anello debole di una simile catena virtuosa: quella della mancanza di istruttori di scacchi scolastici.
Infatti spesso gli scacchisti, oltre a non essere abbastanza numerosi, non hanno le capacità pedagogiche per tenere un corso nelle scuole e cadono nell’errore di rivolgersi agli alunni come fossero scacchisti già formati. Oltre a ciò non tutti hanno anche la predisposizione per l’insegnamento e quindi non cercano di migliorare le proprie capacità didattiche, col risultato di apparire noiosi: e questo è il punto dolente, se si vuole che gli scacchi possano essere una materia curricolare…
In una conversazione con l’amico Alex Wild egli mi ha manifestato proprio questo suo dubbio: “Ma sarebbe davvero un bene che gli scacchi diventassero materia scolastica? Guarda la musica: l’hanno resa obbligatoria col solo risultato di fare odiare la musica a milioni di bambini…” Sul momento l’opinione di Alex mi era sembrata un po’ esagerata, ma devo dire che col passare del tempo mi è stato sempre più chiaro quanto abbia ragione.
Il problema è che la formazione degli istruttori che entrano nelle scuole deve essere qualcosa di specifico che la Federazione Scacchistica Italiana dovrebbe prendere in maggiore considerazione, proprio perché il fallimento potrebbe essere fatale. Il dubbio di Wild è assai legittimo, se prima non si lavora su un protocollo paradigmatico di come dovrebbero essere proposti gli scacchi a scuola, il riconoscimento degli scacchi come materia potrebbe rivelarsi un boomerang.
Ci sono dunque alcuni tentativi di risolvere il problema in maniera economica e capillare, e sono legati alle nuove tecnologie: software che insegnano a giocare a scacchi alle maestre e ai bambini. Ci sono due bellissimi esempi portati avanti dal Comitato Regionale del Piemonte (quello curato dal professor Parisi ScacchiEdu), ed ora quello delle Marche (voluto dall’Accademia scacchi 5 Torri di Ancona e che si chiama “Scacchi a scuola da casa” ) .
Personalmente però sono un po’ scettico su queste pur encomiabili iniziative, per due ragioni: la prima è ovviamente personale, cioè il timore che per risparmiare le scuole possano preferire nel tempo questi software al lavoro degli istruttori locali, con grave danno per le autonomie didattiche; la seconda ragione è che non credo che questo “self-service” possa davvero avere successo, perchè la mia esperienza mi insegna che i bambini vogliono avere tra le loro mani la scacchiera per giocare con i compagni e quest’attività relazionale è proprio ciò che dovrebbe incentivare la scuola, non un altro esempio di distacco dalla realtà circostante (cosa che peraltro i nostri giovani conoscono già, usando nintendo, playstation, telefonini, computer, televisione e quant’altro…)