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“Ho battuto il maestro!”
Da qualche anno ho scoperto che per attenuare la frustrazione per la sconfitta dei bambini più piccoli (da5 a 8 anni), quando giocano con me, sia quella non di giocar male di proposito per lasciarli divertire (cosa che può essere controproducente), ma girare la scacchiera quando si acquisisce un vantaggio, o meglio ancora ad una mossa dal matto.
Quando capita si gira la scacchiera e si dice: “Ora il Nero dà scacco matto in una mossa, scoprilo!” Il bambino si dimentica in un attimo che giocava coi bianchi e contribuisce alla vittoria del Nero. Quando finalmente scopre lo scacco matto riceve i miei complimenti e non c’è traccia di delusione per la partita che si era messa male.
La gioia è tale che molto spesso quando tornano i genitori per riaccompagnarli a casa la prima cosa che dicono è “Mamma, oggi ho battuto il maestro!”.
Humor
Fui distolto dai miei amati scacchi dalla mia giovane moglie.
Da quel giorno la classifica dei peggiori subì un radicale mutamento.
Carlo Bolmida
IL MEDIOCRE QI DI COPERNICO E CERVANTES
Si loda molto sovente ( a torto ! ) l’elevato QI dei giocatori di scacchi come ” prova d’un intelligenza superiore “. Lewis M.Terman, autore dei test Stanfort-Binet, ha il coraggio di proclamare : “Tutti i criminali non sono dei ritardati mentali, ma tutti i ritardati mentali sono potenzialmente dei criminali.”
Egli fu il creatore, de “Il coefficiente mentale migliorato“, stilato in collaborazione del suo compare H.H.Godard,costui per buon mercato, coniò il sostantivo francese “moron”, ispirandosi alla radice greca della parola, significante stupido.
Nel 1923 studiò gli emigranti ( a partire dagli Italiani per finire ai Russi ) rinchiusi ad Ellis Island. Ed annunciò che l’ 80% di essi erano dei minorati mentali. (molti Russi, già allora, giocavano a scacchi.)
Il Maestro di questa bella coppia di energumeni fu, ahimè, il veronese Cesare Lombroso (scienziato di antropologia criminale, a cui Torino ha intitolato un’importante via, e su un testo del quale , talmente devo essere vecchio, preparai a Medicina il mio esame..)
Egli pretendeva dimostrare che i criminali “presentano le caratteristiche ataviche dei selvaggi e dei gorilla.”
L’iniziatore di queste odiose scempiaggini fu John L.H.Down, che, nel 1866, scrisse la sua celebre opera “Osservazioni su una classificazione etica degli idioti “.
Terman mise a profitto la sua invenzione per analizzare l’intelligenza di uomini illustri attraverso le loro biografie.
Non avendo, per un pelo, sottomano biografie di Morphy e di Fischer, Copernico e Cervantes precipitarono nella palude degli uomini di limitate facoltà mentali, come fossero stati dei mediocri… manipolatori di coefficienti Elo.
Se questi illustri scienziati giunsero con sistemi approssimativi a formulare teorie aberranti, con l’aiuto del retorico paradosso o con l’aiuto dell’ evolutissima scienza quantistica (che il paradosso giunge a sfiorare…) altri, fortunatamente, hanno dimostrato verità assai confortanti, che inducono a sperare che, se si perde una donna, o ti hanno tristemente matato il re… in verità, nessun timore, ne possediamo altri!
L’enigma del gatto dell’appassionato scacchista e scienziato Schrödinger non è più un paradosso!
Ma quello di Zenone, pur trovando rifugio poetico nei sogni di Borges (altro appassionato scacchista ), lo è, anche se ancora sfida il tempo, ergendosi a prova scientificamente irrefutabile.
Chi oserebbe confutare che Achille (“dai piedi leggeri”) sia incapace di raggiungere, correndo, una tartaruga?
Nel 1936, Schrödinger immaginò un gatto rinchiuso in una cassetta con una provetta piena di cianuro, un elemento radioattivo e un contatore Geiger.
L’atomo radioattivo avrebbe una possibilità su due di disintegrarsi, inducendo una reazione, misurata dal contatore, sufficiente per spezzare la provetta… e provocare la morte del gatto (o del re o di un pezzo…)
Schrödinger, aggrappandosi al principio dell’indeterminazione, credette provare che prima di aprire la cassetta non si può sapere se il gatto è morto.
Dei fisici quantistici affermano invece che nella cassetta vi sono due gatti: uno vivente ed uno morto.
Le due realtà che sembrano alternative non si elidono mutuamente.
Wheeler (un altro amatore di scacchi, giocò diverse partite con l’amico Alechine.) suggerisce che l’Universo deve la sua esistenza al fatto di essere osservato da degli esseri intelligenti.
” Essere o non essere “, dice Amleto, senza immaginare ” essere e non essere “. E senza potersi osservare “in tutti gli specchi del mondo”, come il giocatore di scacchi di Borges, e non vedersi riflesso da alcuno di essi.
Dopo Einstein e Planck temo si debba essere assai cauti nel giudicare dove , al fine, ci condurrà questa benedetta tecnologia…
Sarebbe sorprendente se la verità somigliasse molto a quella che ci affascina in Star Trek!
Carlo Bolmida: scacchi, arte e divertissement!
Quella che presento di seguito è l’autobiografia di Carlo Bolmida (l’accento cade sulla prima sillaba), artista torinese appassionato di scacchi e molto attivo presso la Società Scacchistica Torinese. Il mio interesse per lui è nato grazie alla segnalazione di Bruno Manzardo che mi ha mostrato alcune sue opere a tema scacchistico: ne sono rimasto subito affascinato! Ho cercato su internet ed ho scoperto due riferimenti importanti, il suo sito “pezzotocco” e anche “partecipiamo” che ospita diversi suoi contributi artistici e letterari. Raccomando a tutti i lettori che amano le sezioni arte e poesia, ma anche gli aforismi e le curiosità, di andare a scoprire queste miniere dove anche io presto attingerò a piene mani per nuove ispirazioni a tema artistico e scacchistico.
AUTOBIOGRAFIA IN DUE PAGINE
di Carlo Giuseppe Pietro Bolmida
Sono nato a Torino il 6 Giugno 1928 alle 17.20.
Ho visto la luce presso il Reparto Ostetrico, allora famoso, dell’Ospedale Maria Vittoria di Torino.
A 5 anni fu chiara all’insigne scultore e pittore conte Annibale Galateri di Genola, amante della mia cara zia Cecè, la mia spiccata predisposizione all’arte per le mie produzioni a colori. Malgrado le sue insistenze mi fecero intraprendere studi Classici con l’obiettivo: Medicina e Chirurgia.
A 17 anni, l’11 Febbraio 1945, fui colpito al piede destro da grossa scheggia durante l’ennesimo bombardamento diurno.
Persi la funzionalità perfetta (anchilosi) del piede destro e addio obbligatorio alla corsa (3000) e molti altri sport che amavo.
Avevo disputato le gare regionali dei 3000 piani, classificandomi sempre al primo posto con tempi ragguardevoli. Keniani ed etiopi non c’erano….
Praticai egualmente da amatore, canottaggio, nuoto, ciclismo e vela.
Finita la guerra frequentai la palazzina in hickory dell’YMCA, dove un sergente dei Marines m’insegnò il gioco degli scacchi…
Con grandi sofferenze fisiche e volontà, senza aiuti familiari, conseguii la licenza di Maturità Classica.
Cominciai a lavorare con le mani, la schiena e buona volontà già al Liceo e continuai anche durante il corso di Laurea in Medicina, che conseguii nel 1955, a 27 anni, con 103/110.
Ma per i consigli insistenti del prof. Costanzo, caro, grande medico di mia madre, mi piegai a conseguire in seguito la Specializzazione in Odontoiatria!
Dopo aver passato 18 mesi terribili alla clinica S. Michele di Bra per malati di mente e alla Clinica Neurologica, Primario il prof. Bolsi, perché desideravo conseguire la specializzazione in Neurologia e Psichiatria, divenne sempre più urgente guadagnare qualche soldo per sposare la mia Giò, unico mio grande amore.
Nel frattempo conseguii con il Professor Azzo Azzi, la Libera Docenza in Igiene e Dietologia. (PROF:!!! uno degli ultimi.subito dopo, forse per la vergogna, fu eliminato il titolo.)
Sempre non ne menai vanto per evitare tediose, imbarazzanti domande.
Infatti, non mi servì mai professionalmente. Ma quanto studiai e lavorai!
Mi diedi infine esclusivamente all’Odontoiatria.
Per indole e temperamento non pensai mai al denaro. E se ne guadagnai egualmente, lo spesi a piene mani o lo dedicai alla mia adorata figlia Rossella, nata il 3.3.1957.
Per tutta la vita imbrattai tele e creai foto e pitture artistiche. Mie “opere” riempiono i muri della SST e di casa.
Mi dilettai ovviamente nello scrivere elzeviri scacchistici e…poesiole varie.
A 42 anni, mi colse un decisivo desiderio di migliorare, comprendendo che il gioco fosse più complesso, cercai nell’inverno la sede della Società Scacchistica Torinese.
Compresi che gli scacchi erano un’altra “cosa”, più difficile e affascinante, e da allora ne feci il mio hobby principale pur non elevandomi mai ad un livello men che mediocre (2° Nazionale ).
Viceversa mi dedicai molto al Circolo e feci parecchio per il suo sviluppo.