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Il vispo campione.
IL VISPO CAMPIONE
di Carlo Bolmida
In onore di Luigi Sailer
Un vispo campione
Un dì da scacchiera
Si prese un pedone
Sul far della sera.
Felice e contento
Per un tale evento,
pensava eccitato:
l’ho proprio mangiato!
Ma a lui supplicando
Il pedone gridò:
“Coi miei neri stando
Che male ti fò?
Perché sono nero
Sei tanto severo?
Da me non temere
Su questo scacchiere!
Deh, lasciami! Anch’io
Ho il mio Super-Io!
Confuso, contrito,
l’ingenuo esitò,
ma accolse l’invito.
E quei lo mattò.
Da cui si deduce quanto sia giusto:
“ Non può giocare a scacchi chi è veramente buono.”
Gerald Abrahams
Zeitnot!
ZEITNOT
(da: “L’ora di Barga” Canti di Castelvecchio
di G.Pascoli )
Alla mia sedia donde non sento
se non scacchisti brusir pian piano,
al mio orecchio viene col vento
il buon consiglio di un non lontano
amico mio, ch’è alle mie spalle,
ma finge d’essere a fondovalle.
Tu dici, è l’ora, tu dici, è tardi;
voce che cadi lieve dal cielo.
Ma un poco ancora lascia che guardi
ho innanzi agli occhi grigiastro velo;
vedo una Torre là sullo sfondo..
non so che fare.. son tremebondo.
Lasciami immoto qui rimanere
fra secco batter d’altro pulsante,
irresoluto, col mio sedere
ben adagiato: quasi pensante!
Sulla scacchiera la mente fissa,
e giù nel petto il cuore che rissa.
Tu vuoi che muova dunque l’Alfiere
Voce che cadi blanda alle spalle,
ma non son certo, lascia vedere..
non vorrei prender delle farfalle.
Lo so ch’è l’ora, lo so ch’è tardi;
ma un poco ancora lascia che guardi.
Lascia che guardi la posizione,
lascia che osservi le case nere,
le debolezze per niente buone..
Se un infilata ho da temere;
che nel cantuccio d’ombra romita
sia certo il Re della sua vita.
Ed or la voce quasi mi strilla
due volte un grido quasi di cruccio.
Ma vada a bersi la camomilla,
ch’io non mi muovo dal mio cantuccio.
E’ tardi? E’ l’ora? Già…è caduta..
la bandierina!.. Non l’ho veduta.
Viaggio nella “Theoria”.
THEOS, E’ IN DISGRAZIA?
Theos..è in disgrazia? Il viaggio permetteva al viaggiatore greco di dedicarsi all’autopsia, ovverossia di verificare le conoscenze ch’egli possedeva vedendo tutto “con i propri occhi”.
Per poter praticare l’autopsia, i campioni di scacchi, fino alla caduta del muro di Berlino,si sforzavano di visitare Mosca e le sue scuole scacchistiche.
Curiosamente si è battezzata questa specie di viaggio consacrato alla scoperta di paesi sconosciuti “Theoria”.
Il cambio di mentalità che si opera all’apogeo del secolo di Pericle fà si che la parola “theoria” divenga un termine ambiguo e che i viaggi intrapresi al fine di conoscere nuovi paesi si tramutino in itinerari o pellegrinaggi cosicchè tutto il cerimoniale acquista una tinta religiosa.
“Theoria” si può rapportare a “Thea” (osservare) e a “Theos” (dio). Il teatro (Theatron) è l’arte di osservare il muro…il muro verso il quale convergevano gli sguardi durante le rappresentazioni: la “skenè” o scena.
In genere, nell’antico teatro, questo muro fu distrutto dal tempo (ciò che, per la loro struttura, non avvenne per i gradini).
Grandezza e decadenza della rappresentazione teatrale!
Platone, nelle sue “Leggi”, distingue il viaggiatore che non si accontenta del suo obbligo professionale dai “veri osservatori (theoros) che sono attratti dagli spettacoli artistici (theoremata) che si offrono ai loro occhi ed alle loro orecchie”.
Ludeck Pachman definì la theoria, nel gioco degli scacchi, come “l’insieme delle riflessioni fatte sulla realtà scacchistica partendo dalla pratica”… Theos (Dio) è stato completamente abolito, come si conviene a un’epoca ove i titani hanno sostituito gli dei.
A questo povero Theos in disgrazia non rimane più che la speranza che si avveri la profezia di Testori: “Il XXI° secolo sarà religioso o non sarà “.
Io, (ma mi chiamo Bòlmida…chi è costui?) spero il contrario.