Tre partite in una!
Inizio questo post con due aforismi famosi: il primo è di Vasilij Smyslov, che disse: “Sono determinato a fare 40 mosse buone: se il mio avversario riuscirà a fare altrettanto allora finirà patta” (e questo è ciò che è avvenuto nelle prime 5 partite del Match tra Carlsen e Nepomniachtchi); il secondo è attribuito a Josè Raul Capablanca e recita: “Per vincermi bisogna superarmi tre volte: in apertura, in mediogioco ed in finale” (che è poi l’esito della sesta partita che andiamo a commentare).
Questa volta lo dico senza polemica: finalmente gli spettatori hanno avuto un assaggio di quel che volevano, cioè una partita tra due “gladiatori” senza esclusione di colpi e con un vincitore finale. Infatti un aspetto collaterale della finale per il titolo mondiale è l’audience di milioni di spettatori in tutto il mondo che vorrebbero assistere ad avvenimenti epocali, come sarà per questa partita appena conclusa che – intanto – è già un record: la più lunga partita (136 mosse) che si sia mai vista in un match mondiale.
Voglio però proporre un punto di vista diverso dalle tante narrazioni immediate che si stanno accumulando: quello dello sconfitto. Pur dando una leggera preferenza al Campione del mondo devo riconoscere che l’equilibrio del Match si è spezzato proprio per la generosità dello sfidante, che invece di proseguire (guadagnando peraltro un punticino Elo a partita) nel suo intento di non perdere, ha per ben tre volte battuto un sentiero alla ricerca della vittoria.
In apertura
Carlsen gioca nuovamente la Catalana, dopo aver testato la preparazione dello sfidante nella Difesa Russa, scegliendo un’idea molto poco battuta che tuttavia, come ci confermava Luca Barillaro, nella puntuale live del GM Roberto Mogranzini, faceva parte della preparazione del team dello sfidante (composto oltre che da Luca Barillaro stesso da un gruppo “a doppia cifra” di specialisti, di cui citiamo solo Vladimir Potkin e Sergej Karjakin).
Il primo ad innovare veramente è stato proprio il Russo, prima con 9…De7, la vera Novità, poi con la coraggiosissima 11…b5 che ha veramente sorpreso tutti, compreso Carlsen.
Carlsen riusciva comunque a portare la partita verso temi strategici a lui congeniali portando un Cavallo in d3 (come illustrato dai bravissimi commentatori di Chesscomit: Michele Godena, Giulio Borgo, Lexy Ortega e Carlos Garcia Palermo e al termine anche da Carlo Marzano e Renzo Ramondino per Chess24.italian).
Ed ecco uno dei primi momenti critici, alla 17^ mossa (che come argomentato nei giorni scorsi dal GM Danyyil Dvirnyy è un momento particolarmente ricco di tensione). A questo punto il Nero potrebbe giocare per la patta riprendendo in f6 con la Donna e invece sceglie di tenere in campo le Donne per avere un mediogioco più complicato.
In mediogioco
Se si può assegnare la battaglia per l’apertura a Nepomniacthi per la sua intraprendenza, anche gran parte del mediogioco lo si potrebbe assegnare al Nero: la scelta di mantenere le Donne pareva premiare proprio il Russo a giudicare da questa posizione obiettivo, dove la differente attività è evidente.
Ed ecco, dopo un pressing da parte del Nero, un’altra decisione sofferta: quella di consentire il cambio della Donna per due Torri, che aggiunge nuovo squilibrio e quindi maggiori possibilità di errore per entrambi i giocatori.
Squilibrio che porterà il Nero ad avere una posizione più promettente.
A questo punto, dopo alcune mosse imprecise da parte di entrambi, lo sfidante perde l’occasione per passare in discreto vantaggio (semplicemente guadagnando il pedone in b4) ma agonisticamente ha preferito lasciare all’avversario la pressione del tempo (Carlsen aveva pochi minuti per raggiungere la 40^ mossa) e giocare una mossa utile per sbarrare la 5^ traversa e per minacciare la spinta in e4. Come biasimarlo? Non si volevano forse quelle decisioni azzardate soprattutto da parte dello sfidante?
E così eccoci così un errore! Errore che si protrae ancora per la mossa successiva.
In Finale
Alla fine del controllo del tempo, esattamente alla 40^ mossa (non proprio la migliore) il futuro della partita sembra essere un finale o tra le due Torri contro la Donna (favorevole al Bianco) oppure tra Torre e Cavallo contro Donna (sostanzialmente patto per vie di alcune fortezze da parte di Carlsen).
Preoccupato della possibilità che il Campione potesse rifugiarsi in una solida fortezza difensiva, lo sfidante si assume la responsabilità di un nuovo rischio: sbilanciare ancora la posizione per cercare qualche via per la vittoria. Col senno di poi (ed un’occhiata ai motori scacchistici) appare evidente che si tratta di un nuovo errore, in cui il Nero persevera anche dopo la conseguente cattura in a3 non riprendendo la Torre sempre per via della possibile fortezza del Bianco.
Nepomniachtchi gioca ancora una volta per sbilanciare tatticamente la partita.
E così dopo una lotta davvera epica da parte di entrambi si arriva ad un finale che le Tablebases danno come patto a gioco corretto, ma si sa che dopo 7 ore di gioco e soprattutto tra le grinfie di Carlsen (notoriamente ostico in questa fase del gioco) riuscire a giocare le mosse esatte non sia proprio facile.
La preparazione di entrambi è impressionante soprattutto in apertura dove giocano le migliori linee del Livebook sino a mediogioco inoltrato, motivo per cui ho scelto l’aforisma di Smyslov nella premessa del post.
Dopo aver superato la partita più lunga in un match mondiale (Kortchnoj-Karpov, che aveva registrato 124 mosse) si arriva ad un momento topico, e ancora una volta, nel cercare la mossa più aggressiva (una inchiodatura) lo sfidante sbaglia e non azzecca una delle mosse da Tablebase. Da questo momento invece il gioco preciso di Carlsen diventa inesorabile.
In conclusione dopo aver tributato il giusto merito a Nepomniachtchi per il coraggio e per l’impegno profuso a favore di uno sblocco dell’impasse che si prospettava di replicare il match precedente con Fabiano Caruana, possiamo sicuramente aspettarci nuove emozioni nelle prossime partite, perché essendosi rotto l’equilibrio si aprono nuovi scenari.