La creatività e gli scacchi.
Lo spunto per questo post sono due articoli letti ieri sul web: il primo, scritto dal Prof Woland sul blog di Luigi Bruschi, parla di una ricerca sul declino della creatività; il secondo, scritto dall’amico Alex Wild, annuncia il suo prossimo ciclo di 4 anni di scacchi scolastici a 9 classi di seconda primaria.
Il primo articolo parla di una sperimentazione condotta su 300.000 americani, bambini e adulti, sottoposti al test Torrance del pensiero creativo dal professore associato di psicologia dell’educazione presso il College William & Mary a Williamsburg (Virginia) Kyung Hee Kim, e denuncia sostanzialmente una preoccupante diminuzione del pensiero critico e della creatività, intesa come propensione a ricercare diverse soluzioni al problema piuttosto che una strada univoca (come invece vorrebbero la logica e l’intelligenza). L’articolo è citato a corredo della recente esperienza dell’autore di insegnare gli scacchi in una quarta elementare di Firenze e per questo motivo ho avuto modo di leggerlo; mi ha semplicemente ricordato di una somministrazione dello stesso test da parte di una laureanda in Scienza dell’Educazione dell’Università degli Studi di Sassari, Eleonora Frunzio, ad una classe che aveva fatto scacchi con me per tre anni: dalla prima alla terza elementare. I dati raccolti dalla tirocinante e vagliati da un’equipe coordinata dal responsabile del reparto di neuro-psichiatria infantile del Policlinico sassarese, prof. Giuseppe Tola, e dal ricercatore dell’Università di Sassari dott. Arcangelo Uccula, dovevano servire da “sondaggio” (ne furono somministrati di svariati tipi) per privilegiare un’ipotesi di lavoro per una ricerca longitudinale da svolgersi negli anni successivi (progetto poi accantonato per mancanza di fondi). Ma i risultati furono subito giudicati molto interessanti proprio per ciò che concerne la creatività, spiccatamente superiore alla classe gruppo di controllo nella sperimentazione.
Ciò che posso confermare secondo la mia decennale osservazione è che gli scacchi abituano al ragionamento analitico, ma non con rigore matematico, bensì rinforzando il cosiddetto pensiero divergente o laterale: la scelta delle varianti giocate negli scacchi scolastici non è frutto di schematismo ma di un approccio personalissimo al problema. E qui vengo all’articolo di Alex Wild, che scrive appunto del suo ruolo di osservatore nei corsi di scacchi scolastici: lo scopo è quello di fare emergere spontaneamente sia l’interesse che la motivazione semplicemente con l’elemento ludico degli scacchi, senza interferire (errore che fanno molti istruttori “sportivi” alle loro prime esperienze nelle scuole) nei processi psichici dei bambini.
Il motivo di questo atteggiamento, che condivido appieno, è quello di favorire una libertà ed originalità di pensiero e di studiarne (con uno spirito davvero scientifico) le naturali evoluzioni. Potrei citare innumurevoli casi di soluzioni brillanti ai quesiti posti ai miei allievi, ma credo che chiunque abbia a che fare con la fantasia dei bambini abbia capito cosa intendo dire: il mondo visto dai bambini è spesso molto più ricco da quello proposto dagli adulti, quindi il compito dei bravi educatori non deve essere quello di uniformare tutti verso un ipotetico “migliore” ragionamento, ma di comprendere invece le istanze e la sensibilità delle proposte “diverse” suggerite dai bambini.
Caro Sebastiano, la ringrazio per l’apprezzamento sul post (creatività). Desidero segnalarle che sono io l’autore del post come ospite fisso con una rubrica domenicale (Verba Woland) del blog di Luigi Bruschi (http://bruschi.blogautore.espresso.repubblica.it/).
Alcune informazioni su di me può leggerle, se lo desidera, cliccando su Prof. Woland scritto in rosso all’inizio del post.
Ciò solo per dirle che possiamo tenerci in contatto per scambiare esperienze didattiche.
Grazie.
Prof.Woland
Benvenuto Prof. Woland!
Sarei lietissimo di scambiare con te (diamoci pure del tu, siamo pressoché coetanei!) le nostre esperienze didattiche. Nel mio blog, una sorta di diario delle mie esperienze di istruttore, troverai molte risorse particolarmente adatte ai bambini delle scuole primarie.
Noto che abbiamo in comune la passione per la letteratura oltre a quella per gli scacchi e per l’insegnamento.
A presto allora!
Sebastiano
Grazie Sebastiano per questo bello spunto di riflessione e per la segnalazione di “verba Woland” (e dell’articolo di Alex).
Io temo però che gli scacchi non siano il mezzo migliore per sviluppare la creatività dei (nei) bambini. Gli scacchi sono soprattutto un gioco di logica e se è vero che a posteriori la logica giustifica la creatività (quando ha successo) e il percorso creativo, credo che agli scacchi manchi la fase generativa, o che sia limitata.
Se la creatività richiede ottima conoscenza della materia (Pasteur: “Il caso favorisce la mente preparata”, cit. in A. Testa, La trama lucente) non c’entra con l’estemporaneità delle scelte dei bambini. In prima elementare mio nipote R. – che ha una visione laterale del mondo ed è diventato un creativo visionario – associava in un esercizio l’aeroplano alla bicicletta perché avevano entrambi 2 ruote. Atto creativo? sì, ma la creatività è un processo, con una fase generativa di idee e una di vaglio. Penso che gli scacchi abituino bene alla seconda fase, dando metodo e logica, ma poco alla prima, o comunque che non siano fra i migliori 10 strumenti per educare i bambini a generare idee (ma i bambini sono dei generatori naturali di idee).
Altra questione irrisolta che meriterebbe un approfondimento: gli scacchi utilizzano moltissimo la visione (geometrica) e il riconoscimento degli schemi. Questo è un limite o una possibilità di educazione alla creatività? temo sia entrambi, ma se ben utilizzato, il riconoscimento degli schemi può portare ad applicazioni creative: le combinazioni altro non sono che l’uso combinato di schemi semplici; inoltre un espediente tattico può essere usato per ottenere un vantaggio posizionale (ma qui andiamo molto oltre il livello dei bambini).
Infine, la creatività derivata dagli scacchi (poesie, giochi enigmistici, ecc.) è interessante, ma potrebbe essere utilizzata come strumento di educazione anche prescindendo dagli scacchi e ricorrendo a cose/persone/esperienze vicine ai bambini della classe, quindi non la considero come un elemento connaturato agli scacchi.
Si capisce che sono confuso?
La creatività nei bambini è finita perche’ abbiamo ammazzato l’immaginazione. Regaliamo giochi molto definiti, raccontiamo storie illustrate invece che oralmente (ma il bambino quando se lo immagina il suo lupo?). Gli facciamo riempire di colore fotocopie disegnate da qualcun’altro.
E’ meglio farli programmare a 8 anni che fargli costruire casette di legno. Perche’ gli americani hanno detto che dobbiamo diventare smart. Ma che ci faccio io degli smarties se poi non sanno cambiare il mondo!
Poi ho scoperto con i miei figli che la Scienza (e la Storia) e’ come la fede:ha i suoi dogmi.
GRRRR
In questo post si parla proprio della creatività degli scacchi, e ne hanno realizzato un film. Magari se la federazione volesse importarlo!
http://www.creativitypost.com/education/the_creativity_of_chess_a_conversation_with_elizabeth_spiegel
Effettivamente si e’ portati subito a pensare che gli scacchi sono logica (emisfero sinistro) e quindi opposti alla creatività (emisfero destro). Per me poi chi e’ creativo non e’ che non abbia logica (formale, sequenziale) ha un’altro tipo di logica….(laterale)
Anche tra i grandi giocatori si vede quello che ha piu’ fantasia, è meno scontato e diverte di piu’.
Carissimo Stefano!
Sono io che ti ringrazio sia per questo bel commento sia per lo spazio dedicato su Scacchi012 a questi argomenti. Secondo me non sei affatto confuso, si tratta solo di intenderci con le parole: definire la creatività credo che ci porterebbe a moltepici accezioni e interpretazioni…
Per esempio, secondo me, la creatività è quella particolare abilità che ha il “bricoleur” (prendo una felice intuizione di Claude Levi-Strauss in “Pensiero selvaggio”) di adattare i propri materiali, combinandoli e ricombinandoli, alle proprie esigenze. Spesso egli trova un “equilibrio economico” che rappresenta una novità assoluta (originale) e questa nuova “combinazione” viene percepita da tutti come una soluzione creativa. Ecco, per me la creatività è una capacità combinatoria e l’originalità è quella combinazione inaspettata. I bambini, grazie alla loro propensione a sperimentare nuove soluzioni, sono immersi nella creatività; accade però che i loro educatori (famiglia, scuola) abbiano in programma un repertorio preciso di risposte sociali da dare loro in dote: vuoi per prepararli alla vita o solamente al futuro professionale.
Questo è il primo problema: in questo modo si limita notevolmente la loro libertà di innovare…
Per quanto riguarda invece gli scacchi, beh, sono il gioco combinatorio per eccellenza: e non mi riferisco solo all’aspetto tecnico né tantomeno alle metodologie didattiche (come la mia o quella di Cavazzoni, solo per fare qualche esempio). Quando mi capita di fare come dice Alex, cioé lasciarli da soli a fare quel che vogliono, noto spesso che (parlo di bambini dai 6 ai sette anni) si inventano delle varianti eterodosse col solo gusto di divertirsi fuori dalle regole solite che noi istruttori gli abbiamo spiegato.
Per il resto sono daccordo, il merito non è da attribuire solo agli scacchi ma all’approccio che l’insegnante riesce a dare nei rapporti con gli allievi: e questo sarebbe valido in qualsiasi materia o attività proposta.
Ciao Bice!
Ammetto che l’intervista alla Spiegel l’ho letta un po’ velocemente e probabilmente me ne sono perso un buon 50% di significato, ma in gran parte la condivido. Negli scacchi sono contemporaneamente impegnati entrambi gli emisferi cerebrali e sono daccordo anche con te che l’uno non escluda l’altro, anzi… Il saper valutare in ogni momento il peso da dare ad ogni idea conosciuta (conterà di più l’impedonatura? L’Alfiere cattivo? La colonna aperta? L’iniziativa? La posizione esposta del Re?) è così complesso che neppure lo “scienziato” è in grado di dare la risposta definitiva, e allora a parità di valutazione ecco che emerge sempre dal nulla un’idea fantastica, per la quale non c’è stato neppure bisogno di calcolare alcunché.
Stai tranquilla Bice: la creatività non potrà mai finire perché è connaturata con l’istinto di conservazione della specie!
ciao seb discussione indubbiamente interessantissima, e ti dico che mi viene spontaneo mettermi tra le posizioni illustrate dalla signora beatrice, forte anche di un’esperienza teatrale con fueddu e gestu verso molte classi elementari di animazione e teatro, sto parlando di troppi decenni fa, ma è stata un’esperienza significativa, l’approccio con così giovani generazioni dev’essere supportata da competenze psicologiche, pedagogiche (ricordi?) non è facile rapportarsi con loro nella maniera più corretta possibile, ma insegnare scacchi, o qualsiasi altra materia , non può essere mai per forza di cose espressa in maniera ottimale, uno scacchista può avere lacune in fatto di pedagogia, uno psicologo lacune in qualsiasi altro campo, ecco perchè penso che chi deve supportarsi con bambini deve avere competenze il più varie possibili, ma non so se basterebbe il tempo per ottimizzare queste competenze, non credo di aver trovato le parole giuste per esprimere il concetto che ho bene in mente, in ultima analisi penso che la federazione debba incentivare corsi (almeno un’infarinatura) di psicologia, di pedagogia, di tecniche di primo approccio, di tecniche, e torno alla posizione della beatrice, per far esprimere la loro creatività e fantasia, penso una cosa che potrebbe essere difficilmente condivisibile almeno sul lato pratico, e cioè la collaborazione tra istruttori di scacchi con gruppi teatrali che fanno dell’animazione coi bimbi la loro professione, se prendono nella giusta considerazione il loro compito potrebbero essere i migliori collaboratori degli istruttori.